IMU: legittima la pretesa del Comune anche se l’immobile è utilizzato come prima casa da una vedova

Irrilevante, secondo i giudici, il riferimento alla constatazione del diritto di abitazione in favore della vedova

IMU: legittima la pretesa del Comune anche se l’immobile è utilizzato come prima casa da una vedova

Legittima la pretesa, in materia di IMU, avanzata dal Comune a fronte di un immobile utilizzato come prima casa da una vedova. Questa la decisione dei giudici (sentenza del 2 maggio 2025 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia), chiamati a prendere in esame ben due avvisi di accertamento IMU emessi da un Comune e relativi agli anni 2017 e 2018. In primo grado, i giudici hanno accolto le obiezioni sollevate dal contribuente, ossia il fratello del contribuente deceduto. Ciò alla luce della constatazione del diritto di abitazione in favore della vedova, ritenendo per ciò solo l'immobile adibito ad abitazione principale e dunque esente da IMU. In secondo grado, però, il Comune ha fatto presente che l'immobile risultava essere in comunione non tra i coniugi, ma tra il defunto e il fratello. E questa precisazione è fondamentale, secondo i giudici, anche perché, Codice Civile alla mano, al coniuge superstite spettano i diritti di abitazione e uso sulla casa adibita a residenza familiare e sui mobili che la corredano, però solo se tali beni erano di proprietà esclusiva del de cuius o in comunione con il coniuge superstite. In questa ottica bisogna fare riferimento a due principi di diritto: in primo luogo, il presupposto perché sorgano a favore del coniuge superstite i diritti di abitazione della casa adibita a residenza familiare è che la casa e il relativo arredamento siano di proprietà del de cuius o in comunione tra lui e il coniuge, con la conseguenza che deve negarsi la configurabilità dei suddetti diritti nell'ipotesi in cui la casa familiare sia in comunione tra il coniuge defunto ed un terzo; in secondo luogo, il diritto di abitazione non sorge ove il bene sia in comunione tra il coniuge deceduto ed un terzo, non essendo in questo caso realizzabile l'intento del legislatore di assicurare, in concreto, al coniuge superstite il godimento pieno del bene oggetto del diritto. Tornando alla specifica vicenda, si è appurato che l'immobile oggetto di accertamento era intestato in comunione tra il de cuius e il fratello, e non tra il defunto e la moglie. Di conseguenza, non poteva sussistere in capo alla vedova un diritto di abitazione, né in via sostanziale, né come presupposto per l'esenzione IMU. Per i giudici, poi, anche la circostanza che il fratello del defunto abbia, dopo l’evento luttuoso, ricevuto quote dell'immobile in donazione dagli altri coeredi non incide sulla qualificazione giuridica del rapporto originario, che rimane originariamente di comproprietà tra il de cuius e il fratello, cioè un terzo rispetto alla vedova.

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