Ai sensi della l. n. 190/2014, che istituisce un assegno di natalità per ogni figlio nato o adottato, esso è versato mensilmente ai cittadini italiani, ai cittadini di altri Stati membri, nonché ai cittadini di Paesi terzi titolari di un permesso di soggiorno di lunga durata, per incentivare la natalità e contribuire alle spese per il suo sostegno.
Le autorità nazionali non hanno riconosciuto l'assegno di natalità e quello di maternità ad alcuni cittadini stranieri che soggiornavano legalmente nel nostro Paese,titolari di un permesso unico di lavoro, poiché sostenevano che essi non erano titolati dellostatusdi soggiornanti di lungo periodo.
Ai sensi dellal. n. 190/2014, che istituisce un assegno di natalità per ogni figlio nato o adottato, esso è versato mensilmente ai cittadini italiani, ai cittadini di altri Stati membri, nonché ai cittadini di Paesi terzititolari di un permesso di soggiorno di lunga durata, per incentivare la natalità e contribuire alle spese per il suo sostegno.
I giudici italiani, investiti della controversia, hanno chiesto l'intervento dellaCorte Costituzionale, la quale a sua volta ha chiesto alla Corte europea di precisare laportata del diritto di accessoalle prestazioni sociali riconosciuto dall'art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europeae del diritto alla parità di trattamento nel settore della sicurezza sociale concesso dall'art. 12, paragrafo 1, lett. e), della direttiva 2011/98 ai lavoratori di Paesi terzi.
Con tale sentenza la Corte conferma il diritto dei ricorrenti titolari di un permesso unico di beneficiaredi un assegno di natalità, concesso automaticamente ai nuclei familiari che rispondono a determinati criteri oggettivi definiti dalla legge, e di un assegno di maternitàcome previsti dalla normativa italiana.
Così deciso da Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 2 settembre 2021, n. C-350/20 (ECLI: EU:C:2021:659)